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sabato 13 giugno 2020

A 70 anni fa sesso con un 28enne, le minacce della famiglia del giovane: «Vogliamo 30mila euro»

Quattro persone, delle quali un minorenne, senza fissa dimora e di etnia rom, sono stati arrestati per estorsione al termine di un'indagine della Squadra Mobile di Venezia, a cui si era rivolto la vittima per fare denuncia.


 I quattro sono stati monitorati dagli agenti, che sono riusciti a documentare, anche attraverso sistemi di videoripresa, il passaggio di denaro di una somma di 3.500 euro, una parte dei 30.000 euro pattuiti con la vittima. A quel punto sono scattati gli arresti in flagranza di reato. I maggiorenni, su disposizione dell'Autorità Giudiziaria, sono stati condotti nel carcere di Venezia. Il minorenne, su disposizione della Procura dei Minori, è stato portato al Centro di Prima Accoglienza di Treviso.

Il tutto è iniziato alcuni mesi fa quando la vittima, un 70enne mestrino, aveva intrattenuto per qualche mese una relazione con un 28enne rom della zona Marghera. Poi non si vedono per tre mesi a causa del lockdown. Quando si è iniziato ad uscire il 28enne si presenta a casa del 70enne con la famiglia, un 16enne, un 50enne e un 40enne, e gli chiedono 30mila euro altrimenti avrebbero informato della relazione la sua famiglia. Fa così denuncia alla polizia e la squadra mobile, li prende durante lo scambio. 

martedì 9 giugno 2020

Coppia abbandona i gemellini di 16 mesi in casa per farsi una vacanza, uno muore dopo 4 giorni l'altra è gravissima

Lasciano soli i due gemelli di 16 mesi per andarsi a ubriacare insieme. Margarita Yanayeva, 23 anni, e il compagno Alexey, 35 anni, di Vilyuchinsk, in Russia, sono stati arrestati con l'accusa di abbandono di minore dopo aver lasciato soli i gemellini nel loro appartamento.


La coppia ha chiuso la casa ed è partita per un viaggio, senza i loro bambini, lasciandoli però soli e abbandonati a loro stessi. A fare la scoperta choc è stata la nonna dei piccoli che ha chiamato subito i soccorsi: uno dei gemellini purtroppo è morto e l'altra si trova in coma, in gravi condizioni, in ospedale.

La coppia voleva concedersi qualche giorno di relax, una vacanza ad ubriacarsi lontano da tutti. Per giustificare l'assenza dei bambini ai loro amici hanno detto che i piccoli erano in ospedale con il coronavirus, quindi non avrebbero nemmeno potuto vederli nel corso della degenza, secondo la loro versione, come riporta anche il Daily Mail. La nonna si è insospettita perché non sentiva nessuno da giorni e nonostante il blocco tra le regioni si è precipitata a casa. I gemellini erano stati lasciati senza cibo, non erano mai stati cambiati, l'abbandono li ha uccisi in pochi giorni vista la loro tenera età. I genitori ora rischiano fino a 20 anni di carcere.

sabato 16 maggio 2020

Nonni legano il nipotino in un capanno e lo lasciano fuori casa per due settimane: «Ha preso il cibo di nascosto»


Hanno legato mani e piedi il nipotino di 6 anni e lo hanno tenuto chiuso fuori casa per due settimane. La 53enne Esmeralda Lira, e il suo compagno, il 64enne Jose Balderas sono stati arrestati dopo aver punito in modo choc il loro nipotino reo di aver preso dalla dispensa del cibo senza chiedere il permesso.


I fatti si sono svolti in un sobborgo di Dallas, nella casa in cui il bambino viveva insieme ai suoi 3 fratelli che erano stati affidati ai nonni. Gli agenti hanno fatto irruzione nell'appartamento dopo una serie di segnalazioni che denunciavano maltrattamenti su minori, ma non avrebbero mai pensato di trovare davanti ai loro occhi una scena simile.  Il piccolo di 6 anni si trovava nel capanno, con le mani legate  con un laccio. Sporco e affamato il bimbo era lì da due settimane.

Dopo l'arrivo degli agenti il piccolo ha raccontato lui stesso quello che era successo, spiegando di essere stato messo lì dai nonni come punizione per aver rubato del cibo. Il piccolo ha poi spiegato di aver subito anche altre violenze in passato: gli è stata spruzzata addosso acqua gelata, è stato costretto a afre i bisogni in un sacchetto di plastica e ha poi aggiunto di essere stato legato altre volte nel capanno. Lui, la sorellina di 7 anni e il fratello più piccolo di 3 sono stati affidati ai servizi sociali. 

giovedì 19 dicembre 2013

Anna, uccisa e chiusa in un sacco nel milanese. Il genero ha confessato: "Sono stato io"

 
Svolta nelle indagini sull'omicidio di Anna Concetta Immacolata De Santis: gli inquirenti hanno fermato due persone.
La donna, pensionata di 77 anni originaria di Brindisi ma residente a Milano, è stata uccisa e il cadavere è stato trovato l'11 dicembre scorso in un sacco davanti a un cantiere edile a Cesano Boscone (Milano).  LA CONFESSIONE «L'uomo ha già confessato, la sua compagna, invece, non è stata ancora sentita ma ci sono intercettazioni ed elementi molto pesanti».
A parlare è il pm Alberto Nobili nel corso della conferenza stampa organizzata per il fermo dei due presunti assassini di Anna Concetta Immacolata De Santis, la pensionata di 77 anni originaria di Brindisi ma residente a Milano il cui cadavere era stato trovato l'11 dicembre scorso davanti a un cantiere edile a Cesano Boscone (Milano).
A ucciderla sarebbero stati Daniela Angela Albano, di 39 anni, la figlia della vittima, e il convivente, 'genero' di fatto, Gianni D'Agostino, di 44.  «Il movente dell'omicidio sarebbero i problemi economici della coppia, entrambi licenziati di recente e con il vizio del gioco», spiegano i carabinieri. «Non si è trattato di un raptus - ha precisato poi Nobili - ma di un progetto premeditato, ben studiato. L'hanno soffocata in casa utilizzando dei guanti in modo da non lasciare impronte, l'hanno infilata in un sacco e infine l'hanno trasportata in auto davanti al cantiere di Cesano, precisamente tra via Kolbe e via Trento».
A incastrarli, nonostante i loro tentativi di depistaggio, sono state le intercettazioni.

martedì 26 novembre 2013

Molfetta, 14enne violentata dal branco per colpa di un falso profilo su Facebook

 
È nato tutto da uno scherzo su Facebook. Poche righe inserite su un falso profilo creato da una ragazzina che ha pubblicato il numero di cellulare di una quattordicenne e l'inequivocabile frase che diceva più o meno così: «Disponibile a tutto». Dopo questo messaggio la giovane è stata tormentata da decine di telefonate di ragazzi, tutti più grandi di lei, che non le hanno dato scampo fino a quando l'hanno violentata in gruppo in un anfiteatro all'aperto nella villa del parco di Ponente, a Molfetta, a circa 30 chilometri a nord di Bari. Per questi fatti, e per una successiva violenza sessuale compiuta da un solo giovane, quattro ragazzi tra i 18 e 24 anni sono stati posti agli arresti domiciliari, mentre tre minorenni di 16 e 17 anni sono indagati a piede libero.  LA STORIA CHOC I fatti risalgono alla primavera del 2012. È sera. Il branco degli stupratori, dopo aver avvicinato la ragazzina, la invita a fare un giro in scooter. È una trappola: la ragazzina si ritrova poco dopo nell'anfiteatro alla periferia della città. Qui viene violentata a turno da cinque giovani mentre gli altri complici la bloccano e altri ancora assistono divertiti allo stupro. Passano i giorni e il gruppo ricomincia a perseguitare la ragazza. Lei resiste fino a quando accetta di uscire con un altro ragazzo che, carpendo la buona fede della giovanissima, la violenta al termine di un giro in moto.  La ragazza non denuncia subito le violenze. È terrorizzata, distrugge la sim del suo cellulare e, per un pò, pensa che ciò sia sufficiente per poter andare avanti. Alla fine decide di confidarsi con un parente e con qualche amica. Qualcuno l'aiuta a denunciare le violenze ai carabinieri. Ai militari la giovane racconta di essere stata violentata da dieci giovani. Spiega che in cinque hanno abusato a turno di lei mentre gli altri la bloccavano e altri ancora ridevano. Parla anche della violenza subita dall'altro giovane e di altri palpeggiamenti e tentativi di stupro.  I carabinieri riescono ad identificare solo sette ragazzi, quattro dei quali sono stati posti oggi agli arresti domiciliari. Gli indagati appartengono tutti a famiglie normali, così come la vittima. Sono quasi tutti studenti e solo i nomi di alcuni di loro sono inseriti nelle banche dati delle forze di polizia per piccoli reati.  «I ragazzi - ha spiegato il procuratore aggiunto di Trani, Francesco Giannella - non si rendono conto della portata delle conseguenze di un cattivo uso di certi strumenti» come i social network. «Questa è una vicenda squallida e penosa - ha aggiunto - e che l'esito arrivi oggi, nella giornata contro la violenza sulle donne, è del tutto casuale».  «Mesi prima delle violenze - hanno sottolineato Giannella e il pm inquirente Mirella Conticelli - qualcuno ha creato un profilo falso della ragazzina, che la descriveva molto disponibile. E se è vero che non c'è un rapporto di causa-effetto fra quel profilo e quanto accaduto, è vero pure che i ragazzi non si rendono conto della portata delle conseguenze di un cattivo uso di certi strumenti». La giovane che ha creato il falso profilo è stata identificata ma non è coinvolta nell'indagine.

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