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sabato 13 giugno 2020

Chiede il divorzio due giorni dopo il matrimonio: «La sposa in realtà era un uomo»

Un divorzio a tempo di record per un uomo di 31 anni che, dopo essersi sposato, si è reso conto di essere stato ingannato: la donna che aveva sposato, infatti, in realtà era un uomo.


L'incredibile vicenda è avvenuta in Indonesia: è il portale IndoZone a raccontare la storia di Muh, un giovane che si era sposato con la 25enne Mita, salvo poi scoprire di aver detto sì ad un uomo. A indurlo in errore, senza dubbio, è stata la fretta: i due si erano conosciuti su Facebook all'inizio di maggio, per poi iniziare a frequentarsi qualche settimana dopo. «Ci eravamo visti la prima volta per un caffè, non avevo sospettato nulla e iniziavo ad innamorarmi, così abbiamo deciso di sposarci subito», racconta oggi l'uomo.

Neanche gli invitati al matrimonio, celebrato nella città di Kediri, avevano sospettato nulla. I primi problemi sono arrivati durante la prima notte di nozze, quando Mita si era rifiutata di fare sesso con l'uomo che aveva appena sposato. Stesso copione il giorno successivo, ed è proprio in quel momento che, non è chiaro come, il 31enne Muh aveva scoperto di essere stato ingannato. A quel punto, però, Mita aveva fatto perdere le proprie tracce.

Il 31enne si è quindi recato in commissariato per denunciare per truffa l'uomo che inconsapevolmente aveva portato all'altare: il suo vero nome è Adi ed è stato già rintracciato e fermato dalla polizia. Inevitabile anche la richiesta formale di divorzio.

venerdì 16 settembre 2016

Amanda Knox, ora i dubbi li hanno anche gli americani: docufilm Usa sul delitto di Perugia


Il dubbio fa ancora male: quanto i media, gli errori e l’ossessione popolare per il noir hanno influenzato giudici e investigatori nel caso di Amanda Knox? Impossibile da dimenticare, protagonista involontaria della più grande brutta figura delle giustizia italiana, sempre in bilico tra essere considerata la più furba tra le imputate di omicidio e la perfetta vittima di un esemplare errore giudiziario, Amanda torna nell’ambiente in cui si esprime nel modo più naturale, lo schermo.
A portare sul monitor di casa la ragazza di Seattle, due volte condannata e due volte assolta per l’omicidio della sua coinquilina Meredith Kercher con cui divideva un appartamento a ridosso del centro storico di Perugia, è Netflix con il documentario originale diretto da Rod Blackhurst e Brian McGinn, presentato in questi giorni al Festival del cinema di Toronto, staffetta di quello veneziano, ma dedicato soprattutto a film tratti da storie vere.
In questo caso, però, il materiale del docufilm non serve a stabilire se Amanda sia o meno colpevole del brutale assassinio, consumato per l’accusa con la complicità del suo ex Raffaele Sollecito, anche lui assolto definitivamente, ma misura quanto i media, la stampa scandalistica e il clamore della spaccatura popolare tra forcaioli e innocentisti possano avere avuto un peso nello svolgimento dei quattro processi a suo carico.

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